7° CLASSIFICATO_Rimborso spese
RELAZIONE DI PROGETTO
"Mi accorsi, mentre andavo cercando a Brescia il famoso centro con le sue tre piazze di cui una nuovissima, e sono tre epoche, che il colore delle città lombarde è sui toni del bistro, del marrone, dell'ocra. Sarà la luce, sarà il colore degli edifizi, ma è quello che nei quadri leonardeschi patinati dal tempo fa risaltare gli azzurri e i verdi, in cui i fiumi hanno colore di mare invernale. In questo colore le vecchie città lombarde portavano gli affreschi delle facciate, o le tinte chiare di alcune case. A Brescia, invece, si ha l'impressione d'una nuova presenza, sembra di essere sotto il riflesso d’un lago o d'una cava di pietre. Alla fine si capisce che è l'uso grande delle pietre e dei marmi che da questo colore alla città, la pietra vecchia e quella nuova, l'una patinata dal tempo è divenuta lattescente, l'altra bianchissima invernale. Brescia è il trionfo della pietra, non v'è strada che per quanto scialba, vecchia, scolorita, uniformata sotto una tinta giallastra, non risenta di questa luce diffusa, fredda e quasi fosforescente. [...] Brescia, fabbricata nelle sue cose monumentali col Botticino, a questa pietra deve il suo chiarore. [...]"
BRESCIA, LA PIETRA, L'ARCHITETTURA Corrado Alvaro – Articolo per “La Stampa”, Torino – 15 dicembre 1932
Premessa
Il proposito della, seppur parziale, ricostruzione dell’isolato nord di largo Formentone - Piazza Rovetta comporta una sfida progettuale straordinaria. La formulazione stessa del problema, che si identifica nella relazione tra luogo e programma, impone interrogativi profondi ed al tempo stesso lascia intendere una velata risposta, poiché, questo quadro di riferimento, unico e irripetibile, suggerisce che il progetto debba prendere forma proponendo un attento dialogo con il sito. Quest’ultimo inteso nella sua accezione più vasta, non solo come luogo fisico, ma come risultato - complesso e in continua evoluzione - della interazione di fattori di diversa natura.Il sito quale prodotto di un continuo incrocio di relazioni, che il progetto dovrà cercare di evocare, interpretare e articolare - in funzione di un’idea chiara e logica.
Il tempo
L'attuale conformazione di piazza Rovetta ha cominciato a delinearsi nell'epoca fascista, anche se già alla fine del XIX secolo i piani di risanamento cittadini prevedevano la demolizione di una parte degli edifici che allora erano addossati alla Loggia.Il piano di risanamento del 1887 prevedeva la demolizione degli edifici sul lato occidentale di via San Faustino, a partire da piazza Rovetta fino a tutto il fianco della Chiesa del Carmine, intervento non ultimato.Solo negli anni ‘90 del 1800 la demolizione parziale dei blocchi edilizi a nord della Loggia diede origine a una parte dell'attuale piazza, che assunse l'aspetto odierno solo dopo gli sventramenti del 1939. Contemporaneamente agli interventi edilizi procedevano quelli di copertura dell’alveo del torrente Celato, attorno al quale fin dal X secolo si svolgevano le attività industriali e artigianali della città. Questo intervento venne dettato da motivazioni igieniche e dal progressivo abbandono del corso d'acqua dovuto allo spostamento delle attività manifatturiere al di fuori delle mura cittadine (cfr. F. Robecchi – La nuova forma urbana, Brescia tra ‘800 e ‘900 – ed. Grafo, Brescia 1980).In quel periodo medievale, il rione di S. Faustino “[...] si andava popolando [...] di artigiani che, approfittando dei corsi d’acqua, dei dislivelli del terreno, delle vecchie strade di comunicazione fra le valli e la pianura che in quella zona si incrociavano, trovarono la sede ideale per le loro botteghe e per i loro commerci. [...] Nella piazzetta detta del Ponticello, a fianco della odierna via S. Faustìno si congiungevano il Bova ed il Celato provenienti dal Mella. Questi corsi d'acqua alimentavano molti canali che sin dal Medioevo animavano gli opifici. Questa zona della città a carattere “intensivo” vede riuniti gli artigiani e i commercianti per categorie, ed ecco le strade e i vicoli, denominati con i termini di centrata o strata (a cui poi si aggiungeranno rua e metta), tresanda, tresandel, assumere le specificazioni che dureranno per tutto il medioevo sino all'inizio di questo secolo, dovute alle corporazioni di artigiani che vi abitavano o alle chiese o allefamiglie più importanti, o a qualche particolarità. Ad esempio rua Confettera (o dei conciatori di pelli), poi parte di via S. Faustino; rua Testolaria (al ponticello); rua Stuera o degli stovigliai (pure presso via S. Faustino) [...]” (Marco Baldoli, a cura di - Proposte per la riqualificazione del centro storico, ed. Comune di Brescia, 1933).Passato, presente e futuro appartengono alla coscienza e definiscono l’esistenza di qualsiasi essere umano o comunità. Le costruzioni dell’uomo si confrontano con la nozione di tempo in una forma particolare. La durata di un progetto si riassume in un istante minimo, se lo stesso viene comparato con l’età del sito in cui interviene, o con tutti i secoli di storia dell’architettura (che qui sembrano coincidere), oppure semplicemente con l’aspettativa di permanenza di ciò che si prevede di costruire. L’esercizio del progetto rappresenta così, una specie di gigantesco sforzo di assimilazione, durante il quale tutti questi tempi vengono evocati e compressi, formulando una proposta di interpretazione che li articola, e dalla quale risulta una continuità leggibile.Se la storia corrisponde, in qualche modo, alla sovrapposizione stratificata di presenti successivi, l’architettura è assimilabile ad un’archeologia della trasformazione: “l’uomo distrugge una civiltà, ma ne costruisce un’altra utilizzando i mattoni di quella precedente” (Andrzej Wajda). In ogni progetto la storia appare come scritta dal nostro tempo, cristallizzata in una condizione materiale che annulla differenze di secoli. E quando, per un motivo qualsiasi, l’architettura si appoggia ad una specifica eredità, esige sempre la fondazione di un tempo proprio del progetto. La fondazione di questo tempo - primordiale, legittimatore, legittimante e fondativo - è un atto di libertà e responsabilità da esercitare simultaneamente.In questo modo la conoscenza della storia non rende prigionieri; anzi, invita in ogni momento ad assumere una condizione di assoluta contemporaneità. Per quanto compiuta ci appaia, la conoscenza oggettiva del passato è sempre completata da un insieme di dati più soggettivi, che nell’atto di scoprire possibilità di intervento aprono percorsi ai contributi decisivi della memoria, dell’intuizione, della sensibilità e dell’intelligenza.Nell’architettura la formulazione di un problema è sempre interpretazione, e la chiave di lettura di un luogo non può che essere il progetto della sua trasfigurazione.
La città
Sempre in quel periodo medievale in S. Faustino si costruivano “[...] umili case fitte, alte e strette per andare alla ricerca del sole [...]. Le case terminavano con altane per stendervi le pelli, i panni di lana, con le botteghe e i fondaci a pian terreno, e la porta che immetteva alle anguste e buie scalette che portavano ai piani superiori, destinati alle abitazioni, anche queste con ballatoi e poggioli in legno o in ferro. Le case erano stipate, senza cavedi, per la scarsità di spazio fra le strade e i canali. [...]” (Marco Baldoli, a cura di - Proposte per la riqualificazione del centro storico, ed. Comune di Brescia, 1933).Il Rinascimento, segnato dalle dominazioni dei Milanesi (1363-1423) e poi della Repubblica Veneta (dal 1426), portò lo sviluppo di aree nelle nuove mura con profonde sistemazioni urbanistiche del territorio, prevedendo, tra l’altro, l’impiego di materiali quali il marmo e le pietre di Botticino sia come elementi strutturali che decorativi.Più tardi, nell’ottocento, la costruzione della stazione ferroviaria (1854), in concomitanza con l’inizio del processo di industrializzazione, portò a interventi di demolizione e ricostruzione del tessuto urbano della città. La massiccia espansione coincise con l’abbattimento delle mura venete (1870) e sfociò nei piano regolatore del 1891-1902 dove venne previsto il primo abbattimento di consistenti porzioni di edificato all’interno del centro storico. Scomparirono gli isolati tra le vie Rovetta e Rossovera, via Piccola e corso Orefici, parte dell’isolato delle scuole maschili, e si decise di aprire una nuova via in corrispondenza del vicolo Bordo, di prolungare via Pozzolo per i vicoli dei Complimenti e del Bene ed il tratto da via Piccola a rua Confettera.Inoltre la città antica subì una gravissima mutilazione per l’apertura della nuova via S. Faustino; scomparve uno dei quartieri più interessanti e storicamente più ricchi della città, nonché uno dei più pittoreschi.Durante il periodo fascista, col P.R.G. di Piacentini, si mette pesantemente mano al “[...] centro storico visto come un ammasso di enorme di edifici in degrado sul quale si deve intervenire con l’unica arma efficace di quel tempo, cioè la loro completa demolizione,[...]” (Marco Baldoli, a cura di - Proposte per la riqualificazione del centro storico, ed. Comune di Brescia, 1993). Con la costruzione di Piazza Vittoria si insedianonuove attività terziarie nel centro cittadino.Le città, i borghi sono i luoghi della civilizzazione per eccellenza: la loro realtà fisica e quella sociale sono inscindibili. Nonostante permanga ancora una certa idea romantica della città come sinonimo di artificio, luogo di permanenza forzata di buoni selvaggi il cui destino sarebbe invece quello di vivere nell’ambiente “naturale”; è sufficiente una rapida analisi della demografia e del territorio mondiale, per capire che la maggioranza del genere umano, nasce, vive e muore in luoghi inequivocabilmente urbani da secoli.In quanto realtà fisica e sociale, la città (in particolare in un’Europa di cui l’Italia è l’esempio paradigmatico) è assunta come contesto naturale e primo dell’individuo.
Le relazioni
“[...] Dall'analisi svolta nei tre periodi storici (premoderno, moderno, contemporaneo) emergono alcuni aspetti significativi, [...] per quanto riguarda gli spazi polarizzanti la città storica non solo permane la forma, ma anche la funzione dello spazio, in parte o in toto, è confermata nel tempo. Nella città di Brescia infatti ancor oggi vi è uno stretto legame tra forma/funzione e modi d’uso prevalente dello spazio costituito dal sistema delle tre piazze principali del centro storico, Piazza del Duomo (funzione religiosa e civica), Piazza della Loggia (funzione civica e mercantile) e Piazza del Mercato (funzione mercantile e, recentemente, civile). [...] gli edifici che su di esse prospettano e che ospitano tali funzioni sono, da sempre presenze architettoniche di alto rilievo.[...] Questa stretta relazione tra spazio aperto ed edifici, in particolare per quanto riguarda l’attacco a terra di questi ultimi,è uno degli elementi generatori del sistema di relazioni che si instaura nello spazio pubblico prospiciente gli stessi. [...]” (Michèle Pezzagno – Il ruolo urbanistico delle Piazze storiche, in La funzione delle piazze storiche, a cura di Michela Tiboni, Brescia 2003).Ma assai più interessante di queste piazze istituzionali, è la straordinaria presenza nel tessuto urbano cittadino, di una rete capillare di piazze minori, a volte semplici allargamenti di strade o incroci di vie convergenti, altre volte con un autonomo sedime, in ogni caso sempre ricche di una propria dignità urbana, espressa dalle quinte edilizie che le delimitano, oltre che dai pregevoli cannocchiali prospettici, in un complesso gioco di rimandi tra lo spazio pubblico e gli ambiti di pertinenza privata circostanti. La città risulta, al contempo, causa ed effetto della concentrazione di persone, di beni e di servizi, e delle relazioni che tra questi si instaurano, in un determinato luogo, in uno specifico momento e nel corso del tempo. Si tratta di luoghi di molteplici complessità, generate da fattori diversi, che sono al tempo stesso protagonisti e comparse, soggetti e oggetti di azioni altrui. Queste dinamiche, sono forse più facilmente riconoscibili tra gli individui che compongono la società, ma non sono molto diverse da quelle che si stabiliscono tra gli edifici che formano il corpo costruito della città.In una città con questo peso storico, è inevitabile che un nuovo edificio - soprattutto se collocato in una delle sue aree più sedimentate - trovi nelle preesistenze una matrice di supporto, alla quale non può non appartenere e dar continuità. Ma allo stesso tempo - e in questo il programma di concorso è esplicito - l’iniziativa ha l’ambizione ulteriore di “[...] rilanciare e valorizzare il centro storico di Brescia nel quadro del sistema urbano; contribuire alla riattivazione sociale ed economica della zona di Via San Faustino; promuovere accordi di collaborazione tra Università, attività economiche e Comune di Brescia [...]”, assumendo le condizioni particolari del luogo e del programma previsto.Analogamente alle attività civiche e culturali che il polo ospiterà, la sua struttura edificata dovrà porsi come oggetto di relazione e non come opera chiusa in sé. L’edificio darà origine e apparterrà a percorsi, stimolerà e giustificherà flussi, offrendosi come attrazione e destinazione, come motore e supporto.Lo spazio pubblico è fatto dalla città, ma al tempo stesso costruisce la città.
La materia
L’intero ambiente fisico, costruito o naturale, che inquadra la vita dell’uomo può essere inteso come un sistema di pieni e di vuoti, di materia e di assenza di materia. Alla scala domestica questi pieni sono pareti, pavimenti e coperture: le parti solide dell’edificio; i vuoti sono gli spazi abitabili, delimitati e modellati dagli elementi precedenti.Alla scala urbana gli edifici stessi si presentano come grandi pieni, più o meno impenetrabili; in questo caso i vuoti sono vie, piazze o giardini – lo spazio pubblico lasciato libero dai volumi.Fin dai primi disegni di città in pianta, si è definito un codice in cui gli edifici sono rappresentati con campiture colorate, lasciando bianco lo spazio esterno.Ma questi disegni sono quasi sempre letti, probabilmente per analogia con altre arti figurative, come una composizione di forme significanti su uno sfondo neutro.Questa interpretazione non traduce la vera natura della relazione tra pieni e vuoti, come entità complementari. In questo caso è invece utile campire quello sfondo, in modo da rendere evidente che esso stesso è cosa dotata di nome e senso, che è forma.Il vuoto quindi si modella usando come negativo i limiti costruiti che, a loro volta, conferiscono ad esso le dimensioni: la larghezza, la lunghezza, l’altezza… nel disegno ritagliato dal cielo.Oltre alla geometria, sono le specifiche proprietà fisiche di questo calco (colore, tessitura, peso, rumore o odore) che conferiscono qualità e carattere specifici al vuoto corrispondente.Uno spazio scavato nella roccia non è uguale allo stesso spazio, con la medesima forma, scavato nel legno.Questo significa che qualsiasi progetto di architettura definisce non solamente ciò che è, ma anche ciò che non è; significa che disegnare un edificio o una città è, in buona parte, disegnarne il vuoto.Parimenti affascinante è il rapporto tra gravità e leggerezza, per le quali, metaforicamente, si può affermare che appartengono al campo di una “poetica” dell’architettura, più che a quello della scienza delle costruzioni.L’origine della distinzione tra i due concetti nasce da necessità importanti nella storia del costruire: la durata e la difesa.È l’imperativo di durare, di tramandare alle generazioni future il proprio passaggio su questa terra, che costrinse l’architettura a liberarsi dall’originaria arte di costruire, che era lignea od addirittura tessile, come affermava Gottfried Semper a proposito della tenda da cui sarebbero nate, secondo lui, tutte le arti decorative.La difesa della propria famiglia e della comunità spinse l’uomo ad impiegare materiali dal grande spessore, resistenti al fuoco ed alle intemperie e in grado di difendere da altri uomini.Anche in epoca contemporanea, se questi due impulsi, durare e difendere perdono il proprio grado di necessità, l’architettura stessa perde gran parte del significato di ammonimento, di memento, di monumento consegnato ai posteri.Ma è al contempo vero che l’evoluzione tecnologica ha svincolato il perseguimento di tali obiettivi dalla gravità della materia.Ai giorni nostri, gravità e leggerezza non sono doti decise dal peso o dai materiali impiegati, ma effetti formali voluti, attraverso i quali, in modo anche provocatorio, l’enorme peso che una piccola costruzione solleva verso il cielo viene occultato oppure reso manifesto.La facciata di un edificio rivestito in pietra può sembrare ”grave”, anche se il rivestimento è solo appeso ad un’ossatura, che essa nasconde.Gravità e leggerezza non dipendono da materiali, ma dal loro trattamento estetico, nel lavoro di configurazione. Perché la vera contraddizione del costruire è il suo fondarsi come arte della grande inerzia, che aspira al volo dell’assenza di peso.
Il progetto
Il progetto tende a emergere da una lettura multipla del sito piuttosto che da una sua personale matrice.Richiamare i segni di precedenti interventi, immaginare tracce di una storia ancora da scoprire o da inventare rende affascinante questa ipotesi di progetto. Affascinante per un duplice motivo: lucidità nella percezione dei segni della storia; ludicità nel gioco intuitivo di espandersi da un’idea mentre ci si confronta con le idee che hanno segnato un luogo. Lavorare al progetto utilizzando il tema del luogo e del contesto come spinta principale del ragionamento architettonico, abbandonando i clichées di ambientamento e mimesi per muoversi in una declinazione del tutto concettuale. Il contesto non diviene spunto per ambientazioni storicistiche, ma è la base di uno studio profondo che conduce a cercare geometrie e significati perduti per strutturare il nuovo. Il contesto è sì palinsesto, ma è anche portatore di una serie di messaggi narrativi metaforici.In “Alla ricerca del tempo perduto” Proust identifica due diversi tipi di memoria: una è nostalgica localizzata nel passato, toccata da un sentimentalismo che ricorda le cose non come erano, ma come vorremmo ricordarle, ed una è vivente, attiva nel presente e priva della nostalgia di un passato che si ricorda.Il progetto di un nuovo luogo deve aiutare a conoscere il passato attraverso la sua manifestazione nel presente.L’intervento si colloca in uno spazio precisamente indicato nel bando di concorso, un’area irregolare compresa tra due strade più o meno parallele, Rua Sovera e Via San Faustino, e coincidente con la testata Sud dei lotti edilizi costruiti tra le due vie e lo spazio aperto di Largo Formentone, con sullo sfondo il fianco della mole del Palazzo delle Loggia.Questo spazio viene occupato da un volume compatto, la cui materialità annulla le differenze temporali tra i suoi limiti, la cui massa evoca la densità propria della città storica. Questa mole, inizialmente informe, che emerge dal confronto con calchi appartenenti a costruzioni d’altri tempi, è poi riconfigurata da un processo di sottrazione della materia, che crea un vuoto attorno al quale si avvolge l’edificio. Questo vuoto non è un residuo delle operazioni compositive, ma è il protagonista della scena, relazionandosi con l’organizzazione, la formalizzazione e la dislocazione delle singole parti del volume costruito, che quel vuoto delineano, ma che da quel vuoto si fanno attraversare.Se verso le due strade, il limite è formato da una ricostruzione – appena probabile ma al tempo stesso precisa – dello sviluppo di antiche facciate, che conferisce la memoria di ciò che sarebbe stato l’alzato dell’opera muraria, dal lato verso lo spazio aperto l’edificio configura il suo limite come possibilità concreta di occupazione dello spazio libero secondo le sagome imposte dal bando.Il cuore dell’edificio viene svuotato da cima a fondo, mentre al piano terra, si scavano spazi pubblici, androni e porticati, che collegano questo vuoto agli spazi urbani circostanti. L’edificio così riconfigurato, reinterpreta i portici, i patii, i cortili, gli androni, le chiostrine di cui è ricco il tessuto urbano circostante, innestandosi su di un sistema di spazi consolidati, la cui complessità si evidenzia attraverso la percezione delle pause del tessuto edilizio (piazze, slarghi), relazionandosi con analoghi spazi attraverso gli assi prospettici (strade), connettendosi con altri spazi aperti ma privati (corti, cortili, giardini) mediante coni ottici spesso significativi.La volontà di mettere in relazione il nuovo edificio con gli spazi pubblici circostanti, conduce a progettare un nuovo organismo autonomo ma che, al tempo, si possa percepire come un episodio subordinato agli spazi pubblici preesistenti.Considerate le caratteristiche del sito, ciò si traduce nella proposizione di uno spazio di transizione tra l’edificio e le strade, uno spazio urbano in cui si verifichi l’annullamento dei confini tra interno ed esterno, tra il “pubblico” e il “privato” tra l’architettura e la città. L’androne al piano stradale, che mette in relazione visiva due vie convergenti prima che le stesse si incontrino, è una sorta di vestibolo nel quale si affacciano gli accessi alle funzioni insediate.L’operazione produce un sistema di pieni e di vuoti, che si conformano reciprocamente; generando, con vari gradi di permeabilità, una stimolante relazione tra l’interno dell’edificio e la città.Gli spazi interni ai piani superiori sono volutamente semplici, lo spazio di lettura è costituito da due mezzanini (destinati a servizi, cavedi e impianti tecnici, scale e ascensori) collegati da una rampa a spirale (spazio lettura e studio) che si avvolge attorno al vuoto del patio centrale. Lo spazio si configura come una serie di piani collegati da alcuni gradini. La differenze di quote del pavimento regalano uno volume con continue compressioni e decompressioni dovute alle variazioni di altezza interna.Lo spazio espositivo all’ultimo livello si svolge sempre attorno al patio ma su un unico piano. Una scala d’accesso alla copertura permette l’accesso ad una terrazza, dove un deck in doghe di legno disegna spazi belvedere, circondati dal verde campito a quadrangoli in analogia al disegno della pavimentazione della piazza sottostante.Il trattamento della copertura a terrazza bioclimatica, nasce da una duplice considerazione. La prima legata al tema della sostenibilità, trattato in seguito; la seconda legata al tema delle percezioni, per cui si è ritenuto opportuno caratterizzare questa vera e propria quarta facciata dell’edificio, come una sua componente “viva”, così da offrire una percezione di benessere psicologico agli osservatori dagli edifici circostanti (sempre di maggiore altezza).Al piano terra, in un leggero invaso, protetti da portico trovano posto le funzioni del DUC e della ricezione.Le superfici delle funzioni rispettano il programma richiesto:
DUC mq 95,00 10,0%
Spazio di letturamq 565,00 59,7%
Spazio espositivomq 286,00 30,3%
Totale Slpmq 946,00100,0%
Gli spazi rispettano i requisiti della normativa in materia di edifici scolastici, D.M. 18/12/75, e la locale normativa (RE e NTA) così come le sagome dimensionali imposte dal bandoL’edificio è volutamente introverso, poiché si ritiene che uno spazio per lo studio e la concentrazione delle persone debba essere protetto dai disturbi provenienti dall’esterno.Poche e calibrate aperture incise sulla facciata esterna ritagliano viste su parti della strada e della piazza, conferendo loro un nuovo interesse, stabilendo relazioni con l’esterno, a volte prevedibili, altre no.Le finestre generano relazioni con altri edifici, tanto con quelli che possiamo vedere nell’intorno, come con quelli che abbiamo visto in altri luoghi e in altri tempi e che sono sedimentati nella memoria e che hanno modo di riemergere.La luce naturale viene captata dal patio interno, con particolari sistemi di riflessione della luce. Le parti esposte all’irraggiamento sono protette da frangisole.Nelle ore di utilizzo notturno l’edificio si proporrà con una veste sorprendente quando, simbolicamente, sembrerà restituire allo spazio esterno la luce captata nelle ore diurne, quasi invadendolo, dopo averlo per ore invitato ad entrare. Il chiarore proiettato nella notte risulterà un invito per il passante a partecipare agli eventi in corso.L’area circostante l’edificio è costituita da un sistema di piani inclinati che raccordano i diversi livelli dell’invaso e delle strade.Questi livelli si concludono in sistemi di sedute e in certe zone lasciano il posto ad aiuole piantumate. Il progetto si propone di trasformare questi spazi in luoghi di relazione tra i fruitori dell’edificio, ma anche tra questi e gli abitanti del quartiere, avendo, la popolazione universitaria, la straordinaria capacità di indurre una vivace frequentazione degli spazi dedicati, forse proprio per la propensione a legare con il carattere culturalmente eterogeneo della popolazione locale.Nel rispetto del programma funzionale, la nuova struttura vuole affermarsi come una sorta di microcosmo cosmopolita, coerente con le attività previste dal concorso.
I materiali
Anche in questo caso il progetto ha perseguito la ricerca di relazioni con il sito.Un’attività di rilievo e catalogazione ha consentito di ricostruire una mappa dei materiali, dei loro trattamenti superficiali, dei colori, dei modi di porre in opera, ecc.....Di seguito ne sono stati decostruiti i caratteri antropici, classificandoli in un elenco di superfici, materiali, spazi, matrici, textures, ecc., .... da utilizzare successivamente nella ricostruzione di un paesaggio mentale.È un modo di lavorare con la tradizione, quella storica ma anche e sopratutto quella del nuovo: di destrutturarla togliendone quei legami tra le parti, dettati dalla logica dell’antico e di ricomporla poi sul piano della sensibilità contemporanea e degli attuali modi di vivere e di lavorare.Questa mappa dei materiali comprende le pietre naturali: botticino, beola, porfido, le pietre arenarie del lago d’Iseo, pietra serena, di Credaro, ceppo di Poltragno, ecc. con le consuete e tradizionali finiture di superficie, lisce, martelinate, graffiate, a spacco, levigate, ecc.Tutti questi materiali vengono riproposti all’interno delle diverse parti del progetto.Così le facciate dell’edificio sono in lastre di botticino, posate a secco con un sistema di appensione per formare una facciata ventilata in cui lastre di diverse pezzature, con diversi trattamenti superficiali, con leggeri sfalsamenti dei differenti piani posa, creano movimenti e vibrazioni di ombre e di luci, leggere asincronie, come leggere deviazioni del sentire e/o del vedere.Deviazioni impercettibili, che è possibile cogliere solamente quando la luce incide sulle superfici con certe angolazioni di certe ore nelle latitudini mediterranee, alla sera o al tardo pomeriggio, oppure di mattina presto. Ombre che apportano ricchezza alle superfici, che arricchiscono le visioni del già visto, del conosciuto.Le pavimentazioni esterne sono risolte con l’impiego di bordature e fasce in beola grigia a taglio di sega e con campi pavimentati in lastre di pietra serena con disegno simile a quello della facciata dell’edificio. L’illuminazione esterna trova spazio in tagli della pavimentazione in cui sono inserite apposite lampade.La mappa dei colori invece comprende tutta la gamma dei colori caldi delle terre con cui sono intonacate le facciate delle case delle strade circostanti.Il progetto, cercando di mediare tra il rigoroso ed austero chiarore del botticino e i colori caldi delle facciate, propone l’utilizzo, per le parti vetrate dei portici, della galleria e del patio, di cristalli con una gamma di leggere colorazioni che riprende la mappa dei colori rilevati.
Sostenibilità ambientale
Il progetto concettuale dell’edificio si è integrato nella sua genesi con quegli elementi destinati ad avere un impatto notevole sia sugli spazi disponibili per gli occupanti, sia sull’efficienza dell’edificio: la posizione del sito, l’orientamento (studiati per ottimizzarne i pregi e mitigarne gli svantaggi), l’”involucro”, le caratteristiche climatiche dei locali….Questo perché creare uno spazio confortevole ove vivere, lavorare o studiare produce sugli occupanti effetti psicologici e fisiologici che ne influenzano il benessere.Perseguire tali obiettivi porta alla progettazione di un edificio di qualità; il passo successivo integra alla qualità la sostenibilità. Gli edifici in cui vengono integrati i principi di progettazione sostenibile sono in grado, in genere, di produrre i risultati migliori per quanto riguarda le condizioni fisiologiche e psicologiche delle persone; inoltre questi edifici permettono di ridurre le emissioni di anidride carbonica, di consumare minori risorse per costruzione e funzionamento, di garantire una più lunga vita utile oltre che richiedere minori oneri di manutenzione.Nel diagramma a lato sono sintetizzate le strategie adottate nel progetto in esame, compatibili con la collocazione, imposta, dell’edificio in un’area altamente urbanizzata, con una tripla esposizione E-S-O, schermata parzialmente dagli altri edifici sui prospetti laterali E ed O e completamente esposta sul prospetto di maggior estensione esposto a Sud.Prima di procedere con la sintetica analisi delle suddette strategie, si precisa che per il mantenimento di condizioni climatiche ambientali confortevoli si prevede la realizzazione di: impianto di riscaldamento a pannelli radianti a pavimento (a bassa temperatura); sistema di raffrescamento estivo (circolazione di acqua di rete nei tubi dell’impianto a pavimento, abbinata a sistema di controllo dell’umidità); sistema di ventilazione ibrida a “commutazione” (apparecchiature di regolazione in grado di scegliere tra la ventilazione meccanica o passiva in base alla stagione, al giorno oppure ad un parametro misurato).Se è pressoché scontato il ricorso alla ventilazione meccanica invernale per assicurare i ricambi d’aria necessari, si punta sull’efficacia della ventilazione naturale nella mezza stagione (anche nel periodo estivo, soprattutto nella fase notturna), assicurata dalle finestre aprili, dalla ventilazione trasversale (E-O), dall’effetto camino nelle intercapedini delle pareti ventilate perimetrali.L’involucro dell’edificio ha la funzione principale di proteggere dalle condizioni climatiche dell’ambiente esterno. I bassi valori di trasmittanza delle pareti perimetrali opache (U=0,16 W/mq°K) e del solaio di copertura (U=0,17 W/mq°K) (realizzato con un tetto verde) garantiscono il contenimento sia delle perdite di calore interno nel periodo invernale che degli apporti passivi nel periodo estivo. Per quanto riguarda le pareti perimetrali trasparenti il progetto prevede l’utilizzo di serramenti ad alta prestazione (triplo vetro – Ug=0,70 W/mq°K, Uw=0,88 W/mq°K).Il rapporto S/V (sup/vol) è volutamente contenuto, così da minimizzare, a parità di volume le superfici comunque disperdenti verso l’esterno.La minimizzazione dei consumi (di combustibile e quindi di emissioni di CO2) legati al controllo della temperatura dell’aria di ventilazione è assicurata dal recuperatore di calore che in inverno pre-riscalda l’aria di mandata utilizzando il calore di quella esausta in fase di espulsione.E’ stato previsto, inoltre, l’uso di serramenti con elevata tenuta all’aria, limitando fortemente le perdite d’aria dall’involucro.La vista verso l’esterno e la luce naturale hanno effetti psicologici e fisiologici positivi (oltre che ridurre drasticamente i consumi dell’illuminazione artificiale), ma una quantità eccessiva di luce e di riverbero può avere un impatto negativo sulle persone.Il lato esposto a Sud dell’edificio, praticamente mai protetto dall’insolazione nei mesi estivi per effetto di ombre portate degli edifici adiacenti, ha reso particolarmente appropriata la scelta formale e concettuale di un edificio “chiuso” verso l’esterno. Si è mirato, piuttosto, al raggiungimento del comfort visivo per mezzo di luce naturale zenitale e diffusa, “immessa” all’interno dei locali, attraverso il patio centrale, anche grazie all’ausilio di opportuno schermo riflettente (della sola frazione diffusa) collocato nella porzione più alta della parete esposta a sud interna al patio.Le finestre sulle pareti perimetrali, come pure le finestre che contornano il patio sono state schermate con “brise soleil” in grado di ridurre drasticamente l’ingresso di radiazione diretta nell’edificio nella stagione estiva. Forma ed orientamento di tali elementi schermanti non ostacolano, tuttavia, la penetrazione interna di radiazione solare diretta nei periodi invernali: in questo caso al beneficio in termini di comfort ambientale si somma il contributo di sensibili apporti termici passivi, dovuti al riscaldamento degli elementi massivi orizzontali (solai in c.a. pieno) ed alla successiva trasmissione di calore per convezione e radiazione all’ambiente interno.La riduzione dei consumi di combustibile, e pertanto di emissioni di CO2 è perseguita con il ricorso all’uso di fonti energetiche rinnovabili: la buona esposizione della copertura dell’edificio raramente raggiunta (e comunque solo parzialmente) dalle ombre portate degli edifici limitrofi, consente di sfruttare il 92% circa della radiazione solare globale annua incidente, ovvero 1.279 KWh/mq su 1.387 KWh/mq. Ciò consente l’impiego di pannelli solari (termici e fotovoltaici) con elevato rendimento. Si prevede l’impiego di pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria (4 mq circa in funzione del limitato consumo) e di pannelli solari fotovoltaici policristallini in ragione di circa 20 mq, sufficienti a garantire il soddisfacimento del fabbisogno energetico per i servizi dell’edificio (ascensore, illuminazione d’emergenza, illuminazione notturna, impianti di ventilazione, pompe di ricircolo, impianti a correnti deboli).Entrambi i sistemi di pannelli (termico e fotovoltaico) saranno installati sopra i vani tecnici realizzati sulla copertura, in posizioni molto protetteo visibili al fine di ridurne l’impatto visivo.La presenza della rete di teleriscaldamento in prossimità dell’edificio consentirà l’allacciamento: appositi scambiatori di calore riscalderanno l’acqua di alimentazione dei circuiti dei pavimenti radianti a bassa temperatura, riducendo drasticamente le emissioni di CO2 locali. L’edificio, principalmente per la sua destinazione d’uso oltre che per il genere di utenza, è volutamente sprovvisto di un vero e proprio impianto di condizionamento estivo (con gruppo frigorifero). Il progetto punta sull’efficienza di un buon sistema di raffrescamento (mediante circolazione dell’acqua di rete nei tubi a pavimento), abbinato alle strategie per la protezione dal caldo estivo. Tra esse, la già citata ventilazione naturale, che punta sull’effetto camino interno al patio ed alle intercapedini della facciate ventilate per innescare un fenomeno di aspirazione e fuoriuscita dell’aria interna favorendo il ricambio dell’aria ambiente (l’aria di ricambio penetrerà negli ambienti dopo avere ceduto parte del proprio calore grazie a fenomeni evaporativi ed evapo-traspirativi dovuti all’acqua ed alle piante presenti nel cavedio). Da ultimo, la ventilazione naturale notturna estiva comporterà il raffrescamento dei solai massivi in c.a. pieno, che con la loro inerzia termica contribuiranno a ridurre il surriscaldamento dell’ambiente nelle ore diurne.Misure ecologiche. I materiali edilizi utilizzati nella costruzione e conduzione degli edifici incorporano una certa quantità di energia relativa ai processi di produzione, trasporto ed installazione per convertire i prodotti grezzi in finiti. Il processo di scelta dei materiali deve prendere in considerazione anche l’impatto ambientale causato dalla demolizione e dallo smaltimento dopo il termine di vita di questi prodotti, considerandone tutto il ciclo di vita (LCA). L’uso di materie prime riciclate e materiali riciclabili permette alla fine della vita dell’edificio di riutilizzare e riciclare i materiali abbattendo i consumi e le dispersioni di materiali inquinati. Per facilitare questa operazione è essenziale utilizzare dei materiali di origine naturale, a basso impatto ambientale e facilmente riciclabili. È altrettanto importante che la tecnologia costruttiva adottata sia il più possibile a secco, ovvero senza l’utilizzo di materiali che necessitino di acqua per la posa. Questo permette di salvaguardare una risorsa naturale intensamente sfruttata, ma soprattutto permette di facilitare le operazioni di montaggio del manufatto non che di dismissione, accelerando notevolmente i tempi di costruzione.Da ultimo va precisato l’uso di pietre di produzione locale, che consente la drastica riduzione delle distanza di trasporto, con l’abbattimento dei costi (in denaro ed in combustibile, quindi in CO2) conseguenti al trasporto a piè d’opera dei materiali.Relativamente al contenimento del consumo d’acqua, l’impossibilità di realizzare una vasca d’accumulo per acqua piovana (per ragioni di ingombro), unita lalla tipologia di utenza, non giustificano la realizzazione di una rete di scarico duale per i servizi igienici.E’ prevista l’installazione di dispotivi per il contenimento del consumo d’acqua potabile (limitatori di flusso….).Di seguito si riporta l’attestato di certificazione energetica relativo all’edificio così come progettato, fornito come output dal programma di calcolo Cened (versione 1.08.06.19). L’edificio risulta in classe A, con un fabbisogno specifico di Energia Primaria EPh (climatizzazione invernale) pari a 5,90 kWh/mca.Le emissioni di gas ad effetto serra in atmosfera sono limitate a 1,6 kg/mc anno.